Mental Coach: un congelatore sulla strada dei “quarti”

TESTATA: RUGBY – agosto 2007

Mental Coach: un congelatore sulla strada dei “quarti”

Con i guantoni Bortolami e Dellapé sarebbero due magnifici pesi massimi.

Con la pagaia Lo Cicero è imbattibile.

Nella lotta provate un pò a spostare Castrogiovanni… Eppoi ci sono i pesi, la cyclette, il vogatore (ciclismo e canottaggio in versione statica), il cavallo e persino una sorta di basket (con palla ovale).

No, non stiamo parlando delle Olimpiadi.

Quelle si svolgeranno tra un anno, a Pechino. Qui parliamo di rugby.

O meglio, di tutto ciò che ormai è propedeutico a mischie e placcaggi.

Se state pensando a quando giocavate voi (giri di campo, scalinate, addominali), lasciate perdere.

Archeologia dell’allenamento, rugby giurassico.

Oggi la Nazionale che fa vela sulla Coppa del Mondo si prepara con il conditioning specific rugby, i fitness games, la conditioning cardio salita (ripetute su forte dislivello), la crioterapia, il mental coaching e altre diavolerie da terzo millennio.

La nostra ha cominciato il 2 luglio a La Salle, Valle d’Aosta; chiuderà il cerchio il 24 agosto a Belfast, Irlanda.

Poi tutti in Francia, a sfidare gli All Blacks e a sognare di far le scarpe alla Scozia. Pierre Berbizier gongola.

Per preparare la Coppa del Mondo del 1995 gli lasciarono i francesi per 16 giorni, stavolta ha a disposizione quasi due mesi. Può lavorare per fasi: prima il fisico, poi la tecnica, infine schemi e partite (Giappone e Irlanda). Quaranta giocatori più il figiano (!) Vosawai.

E uno staff di prim’ordine, che applica gli ultimi ritrovati della scienza e della tecnica. Perché, parole di Pascal Valentini, “questo è un gruppo che lavora assieme da quattro anni. La base c’è già, così siamo partiti dal capitolo successivo. Lavori specifici, ad alta intensità. Una miscela di potenza e velocità. Come tirare, spingere o sollevare i copertoni di un trattore. Oppure correre dopo aver lottato”.

Già, niente mode. Ogni disciplina alternativa ha la sua ragion d’essere. Il pugilato al sacco allena la resistenza e potenzia la parte superiore del busto; cyclette e vogatore fanno parte di un circuito (tre minuti ai remi, due al punching-ball, uno di bilanciere e dieci ai pedali) studiato apposta per alzare la soglia della fatica; i giochi con la palla (fitness games) servono ad abituarsi a trattarla (controllo, passaggio, gestione) in situazioni di instabilità.

Quest’ultimo aspetto è una delle novità più rilevanti dell’allenamento moderno.

A partire dalla propiocettività, il lavoro con pesi su superfici mobili, tutto è teso ad abituare il giocatore a reagire al meglio in assenza di equilibrio, nel traffico di una partita.

“Ci alleniamo tanto con i manubri – spiega ancora Valentini – ma non ci concentriamo più sui massimali. Se sollevi 160 kg invece di 150, cambia poco. Ben più importante è saper gestire 120 kg in condizioni di instabilità.”

La seconda fase della preparazione, quella in cui verrà introdotto il contatto, si svolgerà dal 29 luglio al 7 agosto in Polonia, a Spala, 120 chilometri a sud di Varsavia, sede di un centro polisportivo all’avanguardia. Palestre, piscine, piste d’atletica (un anello di 200 metri e un rettilineo di 100 al coperto), sale per la fisioterapia e, soprattutto, la nuova terra promessa del rugby: una stanza per la crioterapia.

Tradotto: un freezer a misura d’uomo. Capacità di oltre 30 persone, temperatura che può scendere ai 120 sotto zero, 160 in qualche caso. Un pizzico di sadismo e risultati garantiti.

“Prima di una prova di resistenza, la crioterapia aumenta la soglia dell’affaticamento muscolare; dopo una partita favorisce il recupero, riducendo i tempi di riassorbimento dei microtraumi” sottolinea il preparatore azzurro.

Insomma la vasca del ghiaccio “alla Valentini” all’ennesima potenza.

Trenta secondi di ambientamento (!) a -60, poi due minuti a -120. Freddo secco, assai meno dannoso in chiave…reumatica dei dieci minuti “umidi” ai 4 gradi dei bagni ghiacciati.

E da un allenamento con contatto ogni 24-48 ore, si può passare, volendo, a due-tre sedute giornaliere. Irlanda e Scozia, ma anche diverse squadre di club, l’hanno già sperimentata in passato, con ottimi risultati. In vista di Francia 2007, gli irlandesi sono già tornati a Spala una settimana a giugno ed una a luglio. La terza fase della preparazione è prevista dal 12 al 25 agosto, tra Aosta e Belfast.

Lì ci sarà poco da inventare. Si torna al rugby giocato, quello in cui “trenta uomini inseguono un sacco di vento”.

Prima il “Giappone più forte di tutti i tempi” (parole del c.t. John Kirwan), il 18 ad Aosta, poi l’Irlanda di Brian O’Driscoli, il 24 a Ravenhill, tana dell’Ulster. E l’8 settembre a Marsiglia ci attendono gli All Blacks. Al confronto il decathlon di Pechino 2008 sarà roba per signorie.

Dal c.t. al nutrizionista, uno staff di 20 persone segue passo passo la preparazione degli azzurri in vista della Coppa del Mondo. Anzi, venti più una, perché per esorcizzare la Scozia e tradurre il sogno in realtà, Berbizier non ha lasciato nulla al caso. L’ultimo arrivato si chiama Marco Valerio Ricci, ha 34 anni, è romano ma vive in Valle d’Aosta.

Nei comunicati federali compare sotto la dizione “mental coach”, ma la definizione esatta è “trainer di Programmazione Neuro linguistica”.

L’ha proposto Marco Patacchini, uno dei medici azzurri.

La cosa più curiosa è che Ricci più che i giocatori allena lo staff…

“La mia è una figura nuova in Italia, almeno per le nazionali degli sport di squadra – si presenta lui, ex nuotatore e canoista, che ha seguito, tra gli altri, l’azzurra di sci Sonia Vierin – Il fine del mio lavoro è programmare attraverso il linguaggio quei processi mentali che in ultima analisi determinano il comportamento. Per far questo, è necessario che i messaggi che lo staff trasmette ai giocatori vadano tutti nella stessa direzione.

Dunque è imperativo “condizionare” i tecnici prima degli atleti. Con lo staff abbiamo cercato di definire un bagaglio di valori da trasmettere alla squadra – ambizione, determinazione, professionalità – e il modo in cui trasmetterli. Ogni atleta ha una psiche differente.

C’è ad esempio chi si motiva guardando agli ostacoli come sfide e chi vivendoli come problemi da superare. Dobbiamo quindi adattare i messaggi per avere risposte omogenee”.

E’ stato Ricci a proporre il rafting sulla Dora Baltea quale strumento per allentare la pressione del ritiro e al tempo stesso fare gruppo.

Il suo intervento terminerà con le prime partite: “Perché all’atto della prestazione è il tecnico che deve dare tutti gli input. Da quel momento io sarò un tifoso”.